Intervista a Rossana Carretto, Alessandra Sarno e Pia Engleberth
Questa sera cose turche è uno spettacolo incentrato sull’universo femminile, com’è nato questo spettacolo e cosa vi ha spinto a portarlo in scena?
Alessandra Sarno: Questo spettacolo è nato dai personaggi che abitualmente facciamo nel cabaret, e all’autore è venuta l’idea di unire questi tre personaggi, cioè la profumiera esaurita, Ada e Merina, cercando di creare uno spettacolo, anziché fare il solito cabaret. Abbiamo creato un ambiente d’incontro, cioè il bagno turco, per far parlare questi tre personaggi. C’eravamo un po’ stancate del cabaret, e questo ci ha portato a fare questo spettacolo, anche grazie all’autore, Giorgio Centamore, che ha scritto uno spettacolo diverso, amalgamando i vari personaggi.
Per quale ragione è stata scelta l’ambientazione insolita del bagno turco?
Alessandra Sarno: Si cercava un luogo nel quale si possa trovare un gruppo di donne che dialoga e in cui ad un certo punto i freni inibitori che si lasciano andare. Prima di ambientarlo nel bagno turco comunque se n’è parlato molto anche con l’autore, ma ci piaceva molto l’idea del vapore che a un certo punto ti va alla testa, calandoti la pressione e portandoti ad aprirti verso persone che non conosci. E da lì partono delle confessioni appunto inconfessabili.
Rossana Carretto: I personaggi che portiamo in scena sono assolutamente sopra le righe, persone assurde che raramente incontri. Inoltre sotto sotto si parla di argomenti anche molto drammatici. Il mio personaggio, ad esempio, ha un fidanzato che tenta di ucciderla in ogni modo e lei scambia questo per amore, e si maschera dietro trucchi e quant’altro, ma ha delle debolezze tant’è vero che è in cura.
Dunque c’è anche l’intenzione di far riflettere la platea?
Rossana Carretto: Assolutamente. Parliamo anche della bulimia, e questo è un problema che hanno tante donne, che vanno in palestra, non fanno figli e dicono di stare benissimo, mentre non è vero. È una realtà pesante, è tutta apparenza e ci si maschera dietro al trucco per non affrontare la realtà. C’è poi anche l’anziana, Norina, che invece espone i problemi che ha la sua generazione, che si sente come se non esistesse più.
Mi sembra di capire che siete d’accordo con quanto ci dicevano Zuzzurro e Gaspare sul fatto che il teatro comico deve assolutamente portare alla riflessione e non esclusivamente alla risata…
Pia Engleberth: In genere un personaggio comico è un ribaltamento di un argomento molto drammatico. C’è sempre la realtà da dove l’attore va a pescare, se no sarebbe molto complicato creare un personaggio. Serve lo spunto da un’esperienza. Poi è chiaro che lo trasformi, gli dai una maschera e lo esageri un po’ se vuoi. Per esempio ciò che dice Norina sono assolutamente dicibili da qualsiasi anziana contadina che non ha mai visto un bagno turco, ed è la sua prima oasi di benessere, perché ha lavorato tutta la vita. Infatti dice: “è la prima volta che sudo senza lavorare”. E poi tutte le cose che dice su Piero, suo marito, su cui abbiamo giocato un po’. È una donna neanche delusa, perché poi c’è quella forza contadina, che è un’appartenenza al mondo così com’è, accettando la realtà dei fatti. Vuole bene a suo marito nonostante tutto. È una donna di una volta, che avevano una mentalità non critica, pur sapendo, perché le donne non sono stupide anche se venivano considerate tali, e come qualsiasi essere umano hanno gli occhi le orecchie e un cuore, e capiscono chi hanno davanti. Però, mentre adesso le donne ne dicono di tutti i colori, una volta non veniva fatto un discorso aspramente critico nei confronti, per esempio, del marito, ma magari veniva fuori da un gioco di parole o da una battuta. L’importante rimane che fra uomo e donna, a parte le critiche e dei conflitti, sia capire che è meglio darsi dell’amore e accettarsi, piuttosto che scomporsi così violentemente, cosa che spesso fanno gli uomini più delle donne, perché anche le donne odiano, ma si limitano a odiare e non l’attaccano così violentemente. L’uomo probabilmente è così perché gli è stato sempre dato questo diritto, e quindi nel momento in cui viene toccato il suo amor proprio si arrabbia molto, invece la donna se ne va soffrendo e arrabbiandosi. Perciò l’uomo ritiene di doversi vendicare, ma anche la donna lo fa, ma in un altro modo, cioè rompendo il matrimonio facendosi dare un sacco di soldi. Lo fa anche lei però, perché anche le donne si scatenano quando scoprono di essere tradite o si separano, però in genere non arrivano al contatto fisico.
Andando alle vostre carriere, tra cinema, teatro e televisione quale è stata l’esperienza più formativa?
Pia Engleberth: Tutto è formativo, anche il non fare niente. Quando uno ha questo tipo di passione tutto entra e si trasforma. E poi è chiaro, uno fa un percorso professionale, in cui ti viene insegnata la tecnica, la voce, e per me infatti il teatro è stato fondamentale, per imparare a stare sul palco e la comunicazione con il pubblico. Altrettanto fondamentale è stato il cabaret, che è stato un ricominciare tutta la ‘logica teatrale’ che è più lontana dal pubblico, e il cabaret mi ha fatto ritrovare la teatralità per non essere solo così banale, però dentro a una intimità con il pubblico. E quindi è stato un altro periodo molto formativo. Poi in questi ultimi anni ho fatto due o tre cose di cinema, e anche qui altra formazione perché nel cinema devi togliere tutto e lavorare soprattutto con gli occhi, e devi avere i sentimenti che arrivano negli occhi.
Alessandra Sarno: Sono d’accordo.
Rossana Carretto: Sono perfettamente d’accordo con Pia quando dice che è tutto formativo, e non si butta mai via niente, anche quando non lavori, anche dall’esperienza peggiore che tu possa fare. Impari sempre qualcosa. Il teatro mi ha dato la disciplina, il rispetto e le regole, mentre il cabaret mi ha abituato a non aver paura di nulla, a essere capace di lavorare dal locale con tre persone, alla gelateria o birreria. E una cosa aiuta l’altra, nel senso che se sei in teatro e succede un imprevisto, il cabaret ti da le capacità per poter reagire e improvvisare. E nello stesso tempo porti nel cabaret quella disciplina, quel rigore, la memoria, la precisione, perché è tutto studiato e calcolato. E queste contaminazioni non fanno che bene a un artista, tutto serve! Hai il mestiere in mano, ed è una bella cosa.
(Fotografie di Erica Spadaccini)