Un nuova produzione live coinvolge MASSIMO ZAMBONI (storico cofondatore e chitarrista dei CCCP poi CSI) e la cantante attrice ANGELA BARALDI. I due musicisti emiliani ripercorrono in un energico show (della durata di circa 2 ore) la lunga carriera di Massimo Zamboni ovvero quegli anni che vanno dall’esperienza CCCP (poi divenuta CSI) al suo nuovo album da solista (il terzo della carriera + un live) dal titolo “L’Estinzione di un colloquio amoroso” (Interno4 / NdA 2010). Al suo fianco Angela Baraldi, musicista bolognese scoperta da Lucio Dalla ed attrice diretta dal premio Oscar Gabriele Salvatores in “Quo Vadis Baby”.
Sul palco oltre ai due protagonisti ci saranno i musicisti che solitamente accompagnano Massimo:
Erik Montanari: chitarra, backing vocals
Cristiano Roversi: stick, tastiera, programmazioni
Gigi Cavalli Cocchi: batteria, pad elettronico
PREVENDITA BIGLIETTI: visita il sito per orari e modalità di prenotazione, ingresso unico 13€ (ridotto per gli abbonati del teatro).
Intervista a Massimo Zamboni
Come nasce l’idea di “Solo una terapia – dai CCCP all’ Estinzione”? Perché Angela Baraldi? Nel migliore dei modi. Per caso. Senza calcoli, retropensieri. Per un incontro, quello con Angela, imprevisto, non cercato. E subito intuìto. Mi piaceva l’idea di guardarmi per un attimo alle spalle, portando in giro un riassunto di ormai 30 anni di canzoni e storie. Ma occorrono voci e personalità prorompenti come quella di Angela per interpretare queste canzoni.
Come avete affrontato le canzoni più strettamente legate alla figura di Ferretti? Nell’unico modo possibile: con gran disinvoltura, una discreta faccia tosta e con la voglia di chiudere un cerchio.
Siete soddisfatti? Molto soddisfatti. Tanto da vedere già oltre questo concerto, e quelle canzoni. Sta nascendo una nuova storia, questo è sempre un momento molto “catturante”.
E’ difficile proporsi di nuovo al pubblico con un passato così “ingombrante” ? Difficile, sì. C’è poca agilità nel pubblico nel lasciarti andare avanti, ogni cosa verrà sempre confrontata – a volte con incredibile asprezza – con le precedenti. Ma poi a volte arrivano aperture sorprendenti, e i segnali di questi ultimi anni sono molto stimolanti. E dicono: la strada è giusta.
Progetti futuri? Ho canzoni per 2 o 3 CD, e la voglia di realizzarli, con compagni – o, meglio, compagne – differenti. E un libro in corso, incentrato sul secolo scorso e la storia di un proiettile, quello che ha ucciso mio nonno.
Che musica ascolti? Ci sono artisti che ti hanno positivamente impressionato nell’ ultimo periodo? Mi piace la musica fragile, qualunque essa sia: Da Luci della Centrale Elettrica, a Pan del Diavolo per stare in Italia, a molta elettronica tedesca o gruppi come Sigur Ros. E poi i classici, quelli sono sempre alle fondamenta di tutto. Mi piace vedere come invecchiano Pink Floyd, Patti Smith, Laurie Anderson, Bob Dylan, Springsteen. Non mi piace vedere come invecchiano i cantanti italiani. E mi piacciono alcuni gruppi reggiani, l’Associazione, Divisione Syphon e Il Tenente.
“I media è come se mi rubassero l’anima”, una sua citazione. E’ ancora questo il suo pensiero? Con gli anni sono peggiorato. Davvero è come se ci rubassero anima, cervello, i nervi, le voglie. Ci rubano la vita, vogliamo accorgercene? Ma – attenzione – so perfettamente quante vite sono andate perdute per dare a noi la possibilità di avere giornali, televisioni, radio. Diciamo che occorre maneggiare i media con molta cautela. Ma oggi è meglio spegnerli.
Lei si occupa anche di composizioni per il cinema. Ci sono lavori in corso? Si proprio in questo periodo, un documentario sulla sopravvivenza agricola anche in zona cittadine o fortemente depresse. Mi piace molto, ha una forte dose di poesia e nessuna presunzione di insegnamento. Contiene ottime istruzioni per vivere, per cavarsela. Che, forse, è l’unica economia lungimirant ee praticabile. Noi abitiamo in montagna, dovremmo saperlo.
Che ruolo ha la musica nella società di oggi? Nullo, o quasi. Senonché – sorpresa! – ci capita di restare incantati quando la musica si presenta alla nostra porta reclamando il suo ruolo, in forme che non siano sottofondo fastidioso o pretesa di intrattenimento. La musica è capace di elevazioni prepotenti, così come di sorreggere i nostri pensieri con leggerezze incomparabili. In nessun modo ne faremmo a meno.
Data la sua poliedricità, come definirebbe il suo cervello? In pericolo.
Benedetta Valdesalici, Giulia Bedini.